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🟦 Introduzione

La Bibbia è molto più di una raccolta di storie antiche – è una testimonianza vivente della guida divina nel corso dei secoli. La lezione 13 ci invita a guardare oltre i racconti storici per scoprirne il significato profetico più profondo. Che si tratti di Giona nel ventre del pesce, della notte fatale di Baldassar o del prosciugarsi dell’Eufrate – ognuno di questi eventi contiene indizi su grandi avvenimenti futuri legati al tempo della fine. Queste immagini sono come segnali stradali sulla mappa spirituale degli ultimi giorni: mostrano la serietà di Dio nel giudizio, ma anche la sua pazienza, grazia e fedeltà nella salvezza. Chi osserva con cuore vigile riconoscerà che Dio continua ancora oggi a parlare attraverso ciò che è accaduto ieri. E ci invita a riconoscere i segni dei tempi e a prendere una decisione chiara per Lui – finché la grazia ci chiama ancora.

Lezione 13: IMMAGINI DELLA FINE

📘 13.1 Il profeta riluttante
Giona – uno specchio per i messaggeri di Dio negli ultimi tempi

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🟦 Introduzione

Ci sono storie nella Bibbia così umane, così profonde e allo stesso tempo così profetiche che attraversano le generazioni. Il racconto di Giona ne è un esempio. Un uomo di Dio che fugge dal proprio incarico. Un profeta che conosce la voce di Dio – e tuttavia corre nella direzione opposta. Com’è possibile? E quante volte ci riconosciamo noi stessi in questo specchio?

Giona non è semplicemente un profeta dell’Antico Testamento. La sua storia è una parabola sulla nostra vocazione, le nostre lotte – e la grande pazienza di Dio. In questa lezione, non ci limiteremo a esplorare un episodio storico, ma lo esamineremo alla luce del Nuovo Testamento e della profezia degli ultimi tempi. Cosa dice Gesù su Giona? E cosa significa per noi oggi – nel XXI secolo, in mezzo alla Babilonia spirituale?

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📖 Studio biblico

Matteo 12:38–42 – Giona come segno

«Infatti, come Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del grande pesce, così il Figlio dell’uomo starà tre giorni e tre notti nel cuore della terra.» (Matteo 12:40)

Risposta:
Gesù fa riferimento intenzionale a Giona – non per la sua fuga, ma per i suoi tre giorni nel pesce. Il pesce diventa simbolo della tomba. Giona sembrava morto, ma fu “restituito” per annunciare la parola di Dio. Gesù invece morì realmente – e vinse la morte per sempre. Come Giona predicò il ravvedimento agli Assiri, così Gesù, attraverso la sua resurrezione, predica il Vangelo al mondo. Ma Gesù è “più di Giona” – è il segno perfetto della grazia e del giudizio.

Inoltre, Gesù avverte: gli abitanti di Ninive saranno testimoni contro questa generazione, perché si pentirono. È un serio avvertimento: chi conosce la luce e non si converte, dovrà rispondere davanti a Dio.

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📖 Risposte alle domande

📌 Domanda 1: Leggi Matteo 12:38–42. A quali parti della storia di Giona si riferisce Gesù quando parla agli scribi e ai farisei? Quali lezioni sul giudizio si trovano nelle sue parole?

In Matteo 12:38–42, Gesù si riferisce specificamente al segno del profeta Giona per rivelare una profonda verità spirituale. Risponde alla richiesta dei farisei di un segno miracoloso per dimostrare la sua autorità divina. Invece di compiere un altro miracolo, Gesù annuncia ciò che accadrà – la sua morte, sepoltura e resurrezione. I tre giorni “nel cuore della terra” corrispondono ai tre giorni di Giona nel ventre del pesce (Giona 1:17). Giona sembrava morto, ma fu restituito per portare un messaggio; Gesù morì davvero, sconfisse la morte e portò speranza eterna.

Gesù aggiunge un altro insegnamento: gli abitanti di Ninive si pentirono solo ascoltando la predicazione di Giona, senza vedere segni o miracoli. Ora uno più grande di Giona stava davanti a loro – ma non credevano. Il giudizio sarà quindi più severo per chi riceve più luce ma la rifiuta.

📌 Domanda 2: Quanto ti riconosci in Giona? Come puoi superare questo atteggiamento sbagliato?

Molti cristiani si ritrovano in Giona, soprattutto quando si confrontano sinceramente con la propria reazione alla chiamata di Dio. Giona non era un incredulo – era un profeta. Conosceva la voce di Dio, la sua santità e la sua misericordia. E proprio questo lo turbava: sapeva che Dio avrebbe perdonato se Ninive si fosse pentita (Giona 4:2). Ma il suo orgoglio, le sue paure e il suo patriottismo gli impedirono di voler essere strumento di grazia per chi riteneva indegno. È una reazione umanamente comprensibile – ma spiritualmente pericolosa.

Anche noi affrontiamo compiti difficili: amare chi è ostile, testimoniare a chi non vuole ascoltare, perseverare quando tutto sembra inutile. Come Giona, possiamo fuggire – con scuse, ritardi, distrazioni. Ma Dio non rinuncia a noi. Usa perfino le tempeste per riportarci sulla via giusta.

Superare l’attitudine di Giona richiede umiltà. Quando comprendo di essere stato salvato solo per grazia, desidero anche che gli altri ricevano quella stessa grazia. Allora smetto di voler controllare il risultato e mi concentro sull’ubbidienza. Cambiare i cuori spetta a Dio – a me spetta andare, parlare, amare. La preghiera costante, la consapevolezza della mia fragilità e la fiducia nella forza di Dio mi aiutano a dire: “Eccomi, manda me” – anche quando ho ancora paura.

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Principi spirituali

  • Dio non solo chiama, ma persevera.

  • La missione è più importante del nostro comfort.

  • Il messaggio può essere impopolare – ma è necessario.

  • Dio usa la nostra debolezza per mostrare la sua forza.

  • L’adorazione autentica implica obbedienza.

Come Giona, anche noi siamo inviati in un mondo che ha dimenticato Dio. Il messaggio dell’Apocalisse non è una semplice chiamata alla religione – è un invito urgente al ravvedimento. Apocalisse 14:7 chiama ad adorare il Creatore – proprio come Giona dichiara ai marinai in Giona 1:9.

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🧩 Applicazione nella vita quotidiana

Giona viveva in un mondo reale, fatto di tensioni politiche, paure e orgoglio personale – proprio come il nostro. Il nostro “Ninive” oggi potrebbe essere il vicino, il collega, lo sconosciuto a cui Dio ci manda. La missione resta la stessa. E anche la paura. Ma abbiamo già il segno: Gesù è vivo. La pietra è stata rimossa. Cosa ci trattiene?

Immagina se ogni credente vivesse come se la salvezza di centinaia dipendesse dalla sua fedeltà. Cambierebbe il tuo atteggiamento?

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Conclusione

La storia di Giona non è una favola per bambini. È una storia profetica per gli ultimi tempi. Una storia di fuga e ritorno, di giudizio e grazia. Uno specchio per ogni credente – specialmente in un’epoca in cui Babilonia sta erigendo le sue ultime mura. Ma Dio non cerca persone perfette. Cerca cuori disposti. E cammina con loro nella tempesta – finché non giungono là dove Lui li vuole: messaggeri del suo amore, anche nel cuore delle tenebre.

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💭 Pensiero del giorno

“La chiamata di Dio può portarti fuori dalla tua zona di comfort, ma non ti lascerà mai senza la sua presenza.”

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✍️ Illustrazione – “Chiamato, ma fuggito”

David Krüger aveva 35 anni, era un teologo, influencer e uomo di principi. La gente amava i suoi sermoni chiari, la sua voce pacata, i suoi podcast profondi sulla Bibbia e la società. Sui social lo chiamavano “il riformatore empatico”. Ma pochi sapevano quanto spesso David lottasse con Dio.

Una mattina – un giovedì qualunque – David sedeva con il suo caffè nel suo studio a Lipsia quando, durante la preghiera, percepì con chiarezza: “Vai a Riad. Annuncia il mio messaggio.”

Rimase di sasso. Riad? Arabia Saudita? Un invito a predicare in un paese dove i cristiani vengono perseguitati? Dove parlare pubblicamente di Cristo può portare all’arresto?

David rise nervosamente. “Non può essere Dio. Sarà stato il caffè troppo forte.”

Ma il messaggio non lo lasciava in pace. Nei giorni seguenti parlò con Dio – o meglio, discusse con Lui. “Signore, tu sai cosa succede lì. Non sono un missionario. Sono un teologo, uno scrittore, un padre! Non posso andare a Riad e dire loro che devono pentirsi!”

Invece di prenotare, iniziò a scappare. Non fisicamente – ma digitalmente. Rifiutò una richiesta missionaria dal Medio Oriente e si iscrisse volontario a un progetto umanitario a Stoccolma. Sembrava un servizio. Suonava “cristiano”. Ma nel suo cuore sapeva: sto andando a Tarsis.

Mentre a Stoccolma partecipava a conferenze su pace, giustizia e tolleranza religiosa, una tempesta gli agitava l’anima. Non dormiva. Sognava di continuo una città sotto un sole bruciante, persone in preghiera – sincere, oneste – e una voce che gridava: “Ancora quaranta giorni…”

Una notte cadde piangendo dal letto. Capì: stava fuggendo. Non da un paese. Da Dio.

David tornò a casa. Tre settimane dopo era su un volo per Amman, Giordania. Da lì proseguì con un’organizzazione cristiana verso Riad. Non predicava in grandi assemblee. Parlava con la gente nei caffè, discuteva con studenti in stanze nascoste, rispondeva a domande su speranza, perdono, eternità.

Non parlava ad alta voce. Ma le sue parole toccavano i cuori.

Una sera, alla fine di una conversazione, un giovane gli chiese:
“Perché rischia tutto questo, signor Krüger?”
David rispose piano:
“Perché Dio non vuole che tu muoia, ma che tu viva.”

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