
Il messaggio della Prima Lettera a Timoteo
La Prima Lettera a Timoteo appartiene ai cosiddetti “lettere pastorali” e contiene le istruzioni dell’apostolo Paolo al suo discepolo e collaboratore spirituale Timoteo, che era stato incaricato della guida della chiesa di Efeso. La lettera tratta della corretta dottrina, della struttura e della direzione della chiesa, nonché del comportamento personale di un leader cristiano. Il messaggio principale della lettera può essere riassunto in diversi temi centrali:
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La salvaguardia della dottrina corretta
Uno degli obiettivi principali della lettera è l’avvertimento contro dottrine errate e falsi insegnanti che potrebbero condurre la chiesa fuori strada (1 Tim 1,3–7). Paolo sottolinea che la vera dottrina si fonda sul Vangelo di Gesù Cristo e non su insegnamenti speculativi o su leggi umane. La sana dottrina deve rimanere il fondamento della chiesa, affinché la fede rimanga forte e incontaminata.
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L’importanza della preghiera e dell’intercessione
Paolo esorta la chiesa a pregare per tutte le persone, in particolare per i governanti, affinché sia possibile una vita pacifica basata sul timore di Dio e sull’onestà (1 Tim 2,1–4). Ciò evidenzia che la preghiera deve avere un ruolo centrale nella vita della chiesa e che i cristiani devono pregare anche per il benessere della società.
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L’ordine nella chiesa
Un altro aspetto importante della lettera riguarda l’organizzazione della chiesa. Paolo fornisce istruzioni concrete per la scelta dei leader (anziani e diaconi) e sottolinea che queste persone devono condurre una vita esemplare (1 Tim 3,1–13). La chiesa deve essere ordinata secondo i principi divini, in modo da mantenere una testimonianza credibile nel mondo.
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La responsabilità personale del leader
Timoteo viene esortato a prestare attenzione al proprio sviluppo spirituale ed essere un esempio per i credenti (1 Tim 4,12–16). Egli non deve lasciarsi influenzare da dottrine false, ma deve rimanere saldo nella Parola di Dio e usare fedelmente i suoi doni. Questa esortazione mostra che i leader spirituali non devono solo insegnare, ma anche vivere in maniera esemplare.
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Il rapporto con i vari gruppi all’interno della chiesa
Paolo fornisce consigli su come rapportarsi con i diversi gruppi all’interno della chiesa: uomini e donne anziani, vedove, schiavi e ricchi (1 Tim 5–6). Egli invita a mostrare rispetto reciproco, amore e umiltà. Viene particolarmente sottolineato che l’avidità e il materialismo rappresentano pericoli per la fede e che la vera soddisfazione risiede nel timore di Dio (1 Tim 6,6–10).
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Il ruolo centrale del Vangelo e delle lotte spirituali
La lettera si conclude con l’esortazione a Timoteo di “combattere la buona battaglia della fede” (1 Tim 6,12). Ciò dimostra che la vita cristiana è una lotta spirituale in cui sono richiesti fermezza e fedeltà.
Sintesi del messaggio
La Prima Lettera a Timoteo è una guida per una dottrina sana, per l’ordine nella chiesa e per il comportamento di un leader spirituale. Paolo avverte contro le dottrine errate, sottolinea l’importanza della preghiera e della responsabilità spirituale e mostra come i cristiani debbano vivere nella chiesa e nella società. Il messaggio centrale è: un leader deve orientarsi verso la verità del Vangelo, condurre una vita esemplare e prendersi cura della chiesa con saggezza e amore.
6.Febbraio 2025
Lettura quotidiana della Bibbia – 1 Timoteo Cap.1
1 Paolo, apostolo di Cristo Gesù per comandamento di Dio nostro Salvatore e di Cristo Gesù nostra speranza,
2 a Timoteo mio vero figliuolo in fede, grazia, misericordia, pace, da Dio Padre e da Cristo Gesù nostro Signore.
3 Ti ripeto l’esortazione che ti feci quando andavo in Macedonia, di rimanere ad Efeso per ordinare a certuni che non insegnino dottrina diversa
4 né si occupino di favole e di genealogie senza fine, le quali producono questioni, anziché promuovere la dispensazione di Dio, che è in fede.
5 Ma il fine di quest’incarico è l’amore procedente da un cuor puro, da una buona coscienza e da fede non finta;
6 dalle quali cose certuni avendo deviato, si sono rivolti a un vano parlare,
7 volendo esser dottori della legge, quantunque non intendano quello che dicono, né quello che dànno per certo.
8 Or noi sappiamo che la legge è buona, se uno l’usa legittimamente,
9 riconoscendo che la legge è fatta non per il giusto, ma per gl’iniqui e i ribelli, per gli empi e i peccatori, per gli scellerati e gl’irreligiosi, per i percuotitori di padre e madre,
10 per gli omicidi, per i fornicatori, per i sodomiti, per i ladri d’uomini, per i bugiardi, per gli spergiuri e per ogni altra cosa contraria alla sana dottrina,
11 secondo l’evangelo della gloria del beato Iddio, che m’è stato affidato.
12 Io rendo grazie a colui che mi ha reso forte, a Cristo Gesù, nostro Signore, dell’avermi egli reputato degno della sua fiducia, ponendo al ministerio me,
13 che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un oltraggiatore; ma misericordia mi è stata fatta, perché lo feci ignorantemente nella mia incredulità;
14 e la grazia del Signor nostro è sovrabbondata con la fede e con l’amore che è in Cristo Gesù.
15 Certa è questa parola e degna d’essere pienamente accettata: che Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, dei quali io sono il primo.
16 Ma per questo mi è stata fatta misericordia, affinché Gesù Cristo dimostrasse in me per il primo tutta la sua longanimità, ed io servissi d’esempio a quelli che per l’avvenire crederebbero in lui per aver la vita eterna.
17 Or al re dei secoli, immortale, invisibile, solo Dio, siano onore e gloria ne’ secoli de’ secoli. Amen.
18 Io t’affido quest’incarico, o figliuol mio Timoteo, in armonia con le profezie che sono state innanzi fatte a tuo riguardo, affinché tu guerreggi in virtù d’esse la buona guerra,
19 avendo fede e buona coscienza; della quale alcuni avendo fatto getto, hanno naufragato quanto alla fede.
20 Fra questi sono Imeneo ed Alessandro, i quali ho dati in man di Satana affinché imparino a non bestemmiare.
Riveduta 1927. Public Domain
Commento
Introduzione
La Prima Lettera a Timoteo inizia con un saluto personale dell’apostolo Paolo al suo figlio spirituale Timoteo. Paolo gli ricorda il suo compito nella chiesa di Efeso: deve combattere le dottrine false e rafforzare la comunità nella fede autentica. Un tema centrale in questo capitolo è la distinzione tra il giusto uso della legge e le dottrine errate, nate da teorie speculative e chiacchiere inutili. Allo stesso tempo, Paolo testimonia l’immensa grazia di Dio nella sua stessa vita ed esorta Timoteo a combattere la buona battaglia della fede.
Commento
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Avvertimento contro i falsi maestri (versetti 3–11)
Paolo esorta Timoteo a confrontarsi con i falsi insegnanti nella chiesa di Efeso. Questi si dedicavano a “favole e registri genealogici” (v. 4), ossia a discussioni speculative e interminabili che non apportano alcun beneficio spirituale. Al contrario, Paolo sottolinea che l’obiettivo reale dell’insegnamento divino è “l’amore sincero, una buona coscienza e una fede genuina” (v. 5).
Egli chiarisce che la legge non è stata data per i giusti, ma per i peccatori (v. 9–10), elencando varie trasgressioni che la legge condanna. Queste parole evidenziano che la legge serve a rivelare il peccato, ma non a redimere le persone mediante prescrizioni legali – ciò può essere realizzato solo attraverso il Vangelo di Gesù Cristo (v. 11).
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La misericordia di Dio nella vita di Paolo (versetti 12–17)
In questo passaggio, Paolo offre una testimonianza personale potente su come egli – un tempo persecutore dei cristiani – sia stato salvato per grazia di Cristo. Si descrive come “blasfemo, persecutore e sprezzante” (v. 13), ma ha ricevuto misericordia perché agiva per ignoranza.
Particolarmente significativo è il versetto 15: “È verissimo e degno di grande stima: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, dei quali io sono il principale.” Paolo si presenta come il massimo esempio della grazia di Dio, per dimostrare che nessuno è così perduto da non poter essere salvato. Questo è uno dei messaggi più forti di questo capitolo: la misericordia di Dio è infinita e può trasformare anche i peccatori più gravi.
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L’esortazione a Timoteo per combattere la battaglia spirituale (versetti 18–20)
Paolo incoraggia Timoteo a portare a termine fedelmente il suo compito. Egli parla di una “buona cavalleria” (v. 18), una metafora per la lotta spirituale che Timoteo, in qualità di servitore di Dio, deve affrontare. Ciò comprende due elementi essenziali: la fede e una buona coscienza (v. 19). Chi trascurasse la propria coscienza rischierebbe di “affondare” nella fede – un serio monito.
Alla fine, Paolo menziona due persone, Himeneo e Alessandro, che sembravano diffondere dottrine errate. Li ha “consegnati a Satana” (v. 20), il che significa che sono stati esclusi dalla comunione affinché possano giungere a una comprensione più profonda. Questo mostra che le dottrine false non possono essere tollerate, ma che la disciplina spirituale ha l’obiettivo di portare le persone alla conversione.
Sintesi
In 1 Timoteo 1, Paolo chiarisce a Timoteo il suo compito: combattere le dottrine false che non conducono alla vera fede. Egli deve invece orientare la chiesa verso l’amore, la buona coscienza e una fede genuina. Paolo testimonia in modo impressionante come la grazia di Dio abbia trasformato la sua stessa vita e prepara Timoteo ad affrontare la battaglia spirituale. Il capitolo si conclude con un monito contro il rischio di naufragare nella fede, sottolineando la necessità di responsabilità spirituale e disciplina all’interno della comunità.
Lettura settimanale dello Spirito della Profezia – Ellen White | La via migliore
Kapitel 3: Il primo passo: riconoscere i propri errori
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Commento
Introduzione
Il pentimento è il primo passo verso il vero cambiamento e la riconciliazione con Dio. Ma cosa significa un pentimento autentico? È il semplice timore delle conseguenze del peccato o un profondo allontanamento da esso? La Bibbia ci mostra che il vero ravvedimento non consiste soltanto nel riconoscimento dei nostri errori, ma in una trasformazione interiore che ci conduce a Cristo. Molti si chiedono come possano entrare in armonia con Dio. La risposta è: attraverso un pentimento sincero e l’accettazione della grazia di Dio. In questo capitolo comprendiamo che il vero ravvedimento non nasce da noi stessi, ma è un’opera dello Spirito Santo, che ci convince del peccato e ci attira verso Cristo.
Commento
La Bibbia distingue tra vero e falso pentimento. Il falso pentimento si manifesta spesso in persone che temono le conseguenze del loro peccato, ma non odiano il peccato in sé. Esempi di ciò sono Esaù, Bileamo, Giuda e il Faraone: tutti loro si pentirono delle loro azioni, ma non per una trasformazione del cuore, bensì per la paura della punizione.
Il vero ravvedimento, invece, è un profondo riconoscimento della propria condizione di peccaminosità e un sincero desiderio di cambiamento. Il re Davide è un esempio di vero pentimento: egli riconobbe la propria colpa, cercò il perdono di Dio e non chiese soltanto la purificazione, ma un cuore nuovo e uno spirito rinnovato (Salmo 51).
Questo vero pentimento non può essere raggiunto dall’uomo con le proprie forze. È Cristo che ci guida al ravvedimento. Lo Spirito Santo ci convince del peccato e ci mostra la giustizia di Cristo. Chi diventa consapevole dell’amore e delle sofferenze di Gesù sarà mosso al cambiamento. Solo attraverso l’opera di Cristo sulla croce possiamo riconoscere la nostra condizione di peccaminosità e sviluppare un sincero desiderio di trasformazione.
Molti credono erroneamente che sia necessario pentirsi prima di poter accogliere Cristo. Eppure, la Bibbia insegna che è Cristo stesso a donare il pentimento. Senza di Lui non siamo in grado di riconoscere veramente il nostro peccato o di allontanarci da esso. Per questo Gesù dice: «Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo» (Matteo 11,28).
Un altro ostacolo al vero pentimento è la presunzione. Molti pensano di non essere così peccaminosi come altri e, pertanto, non necessitino di un cambiamento profondo. Eppure, proprio l’orgoglio e l’autoinganno ci separano da Dio. La Bibbia mostra che anche i peccati più piccoli possono avere conseguenze gravi – già la disobbedienza di Adamo ed Eva portò a sofferenza e morte nel mondo.
Il capitolo si conclude con un urgente ammonimento: chi rifiuta ripetutamente l’invito di Dio al ravvedimento indurisce il proprio cuore. Il momento migliore per pentirsi è ora – perché ogni ritardo può rendere il cuore sempre meno recettivo alla voce di Dio.
Sintesi
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Falso e vero pentimento – Il vero pentimento non significa temere le conseguenze del peccato, ma odiare il peccato in sé.
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L’opera dello Spirito Santo – Il ravvedimento non è un’opera umana, ma l’azione di Dio. Lo Spirito Santo ci convince e ci guida a Cristo.
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La croce come chiave del pentimento – Chi riconosce le sofferenze e l’amore di Cristo sarà spinto al cambiamento. La bontà di Dio ci conduce al ravvedimento.
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Il pericolo del rinvio – Chi procrastina il proprio cambiamento indurisce il cuore e rischia di perdere la grazia di Dio.